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L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… la Chiesa di San Gennaro

Gli archivi, si sa, sono fonte inesauribile di notizie e spesso di scoperte.

La lettura degli antichi incartamenti consente spesso di azzerare i secoli che ci separano dalla loro origine e ci permette di confrontare la nostra quotidianità con quella vissuta dai nostri avi, secoli addietro.

Ecco qui una testimonianza storica davvero interessante, emersa dagli studi sulla Chiesa di San Gennaro nel Real Bosco, che vi proponiamo per la rubrica “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta” a firma di Liliana Uccello, funzionario Promozione e Comunicazione, responsabile dell’Archivio storico del Real Bosco di Capodimonte.

 

“È dovere di ogni amministratore di Sito reale di sorvegliare alla nettezza di tutti i locali, specialmente delle piazze, dei cortili, delle cloache, delle stalle, dell’interno delle case, agli animali che non debbono affatto vagare nei luoghi vicini alle abitazioni, nello scolo delle acque putride e stagnanti”.

 

Se non fosse per l’italiano desueto potremmo facilmente confondere le misure per contenere il temibile colera asiatico con le attuali disposizioni governative contro il diffondersi del Covid-19.

A rivelarci il Regolamento per preservare i Siti reali dal Cholera asiatico (1836-1837) è la documentazione, rinvenuta nell’Archivio storico del Museo e Real Bosco di Capodimonte, relativa alle attività della Chiesa di San Gennaro, edificata nel 1745 su progetto del celebre architetto Ferdinando Sanfelice, e destinata al culto degli abitanti del sito reale di Capodimonte.

 

Regolamento per preservare i Siti reali dal cholera asiatico, Archivio storico del Museo e Real Bosco di Capodimonte.

 

Dallo scorcio di realtà che ci offre il regolamento sul colera, risulta chiaro che il sito reale non è identificabile solamente con la residenza e il bosco ad uso dei regnanti.

I siti reali del regno borbonico sono delle eccellenze nell’ambito dello sviluppo culturale, architettonico e paesaggistico.

La loro magnificenza non attiene però unicamente all’aspetto architettonico: essi costituiscono un modello di sviluppo socio-economico che si traduce in un’organizzazione architettonica ed economica complessa, costituita da diverse ed eterogenee attività condotte da numerosi lavoratori, operai, artigiani, artisti.

Il sito brulicava difatti di lavoranti dediti alle più svariate attività, dall’allevamento animale alle produzioni agricole e casearie, dalle produzioni manifatturiere al taglio di piante e vendita di legname, fieno delle praterie e ghiande: si abbisognava dunque, oggi come allora, di regole e prescrizioni per poter convivere correttamente all’interno del sito reale, di cui le prescrizioni igieniche cui abbiamo accennato.

 

Luigi Marchese, Pianta del Real Bosco di Capodimonte, 1802 La parrocchia di S. Gennaro è contrassegnata nei legenda con la lettera B

 

All’interno della Reale Tenuta di Capodimonte, intorno alla Fabbrica di Porcellana e alle altre attività si sviluppa dunque una vera e propria comunità produttiva e sociale, che necessita essa stessa di servizi, ad esempio di un edificio di culto.

Tale funzione riveste appunto la parrocchia di San Gennaro.

L’attività della parrocchia è attestata fin dal 1776 dalle carte relative all’esercizio dei sacramenti e delle pratiche liturgico-devozionali.

Sorprendente è la continuità, nel corso di tre secoli di storia, di tale attività: un’amministrazione ordinaria del culto è riscontrabile fino agli anni 1969-1970, fino cioè alla morte del parroco Domenico La Gamba, sagrestano e custode della Chiesa.

 

Chiesa di San Gennaro
Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

La Chiesa, testimone dei riti quotidiani della comunità operosa che occupava il sito reale, continua dunque a funzionare come edificio di culto fino a una data posteriore di ben cinquant’anni alla retrocessione al demanio dei beni della Corona (risalente al 1919), quando finanche la Reggia non era ormai più utilizzata come residenza reale e le abitazioni degli ultimi fortunati ospiti del sito di Capodimonte lasciano il posto all’allestimento di spazi espositivi in vista dell’apertura al pubblico, avvenuta poi del 1957.

 

Chiesa di San Gennaro interno
Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Ancora nel XX secolo, dunque, la Chiesa testimonia la passata vitalità del sito reale, che emerge in un quadro vivido dalla lettura della documentazione dell’archivio storico.

Ad esempio, in un incartamento dell’anno 1950, quando l’allora neo-parroco Domenico La Gamba, in una lettera alla Soprintendenza ai Monumenti, con tanto di disegno allegato, rivendica l’utilizzo di un giardino annesso alla Chiesa che in tempi recenti era stato volto ad altro uso, si legge una sorta di ricognizione storica degli usi di tale giardino: quest’ultimo, dopo esser stato da sempre utilizzato dalle Cacce dell’ex Amministrazione della Real Casa per coltivare mangime per l’allevamento dei fagiani, fu assegnato nel 1944 alla parrocchia.

Questa è una chiara testimonianza della complementarità reciproca degli edifici storici di Capodimonte, che rivela come la Chiesa rivesta un ruolo non soltanto cultuale e liturgico, ma sociale ed economico nel contesto architettonico del sito reale.

 

Disegno allegato alla lettera di Domenico La Gamba per la rivendicazione dell’uso alla parrocchia del giardino adiacente la Chiesa di S. Gennaro.
Archivio del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli

 

Successivamente, dopo i danni del terremoto del 1980 e gli interventi di recupero, la Chiesa è stata utilizzata prevalentemente come spazio espositivo, impiegato saltuariamente per l’amministrazione del culto.

 

Il complesso tuttavia è attualmente pronto per essere riaperto ai fedeli, forte di un nuovo allestimento curato dall’architetto Santiago Calatrava, la cui mostra è in corso “Santiago Calatrava. Nella luce di Napoli” (fino al 10 maggio 2020)

 

Il testo di Liliana Uccello è inserito nell’iniziativa “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta”.

 

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