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Capodimonte oggi racconta… la mostra “Gemito, dalla scultura al disegno”

In questa rubrica “Capodimonte oggi racconta”, Jean-Loup Champion ci ha già presentato Vincenzo Gemito, artista, uomo e eterno ‘scugnizzo’ nell’animo.

Oggi vogliamo svelarvi la mostra Gemito, dalla scultura al disegno, il cui allestimento è stato bruscamente interrotto dall’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del Covid-19 e che avremmo inaugurato proprio in queste ore.

Lo facciamo con tre testimonianze d’eccezione.

Un video di quindici minuti del co-curatore Carmine Romano ci svela ben 100 opere dell’artista tra le 150 che saranno esposte portandoci idealmente nelle sale che aspettano solo di essere riaperte (speriamo tutti a breve!).

Le parole dell’architetto Roberto Cremascoli (COR arquitectos) sulla scelta del tipo di allestimento ci fanno capire che “non è possibile separare l’artista dalla sua città”

E il direttore Sylvain Bellenger ci regala la sua ‘introduzione’ alla mostra nel continuo fil rouge tra Napoli e Parigi.

 

Accomodatevi pure e cominciate con noi il viaggio alla scoperta della mostra Gemito, dalla scultura al disegno. 

E domani non perdete il racconto di Maria Tamajo Contarini, co-curatrice della mostra e storico dell’arte del Museo e Real Bosco di Capodimonte che ci farà conoscere le opere di Gemito presenti nelle collezioni del museo, grazie alle acquisizioni e alle donazioni.

 

Scopriamo la mostra con il video di Carmine Romano

 

Attraverso questo video viene presentata in anteprima una selezione delle 150 opere in mostra: una ricca antologia di 100 tra sculture, dipinti e disegni suddivisi nelle nove sezioni tematiche che animeranno il percorso espositivo.

La scelta dell’allestimento nelle parole di Roberto Cremascoli

 

Non è possibile separare l’artista dalla sua città.

Per questo motivo abbiamo immaginato Vincenzo Gemito nel suo “atelier” al Vomero.

La riapertura delle sale XX, XXI, XII sul paesaggio ricostruisce metaforicamente l’atmosfera del suo studio, immaginando Vincenzo Gemito che dalle sue finestre contempla il paesaggio meraviglioso napoletano.

Gli espositori divengono così, non delle “scontate” basi da museo, ma elementi leggeri, eleganti, dove la presenza dell’opera è indiscutibilmente la questione prioritaria.

Elementi in ferro e legno di betulla, tavoli come supporti di lavoro, contro-pareti di betulla (“boiserie” come i rivestimenti in uno studio d’artista), saranno il supporto espositivo che racconterà la vita e l’opera dell’artista.

Le viste su Napoli da Capodimonte irrompono nelle sale invadendo e mescolandosi con le opere dell’artista.

 

 

 

L’introduzione del direttore Sylvain Bellenger: Gemito tra Napoli e Parigi

 

Gemito, poco noto in Francia a Napoli assume le dimensioni di un mito, di una grande figura della leggenda, non nera e ossessiva come quella di Caravaggio, ma tenera, a cui i napoletani si sono affezionati.

Un sentimento che nasce dall’ammirazione e dall’indulgenza verso il figliol prodigo, il ragazzo di strada.

Gemito fu uno scugnizzo, il Gavroche dei francesi.

“Gemito sculpteur de l’âme napolitaine” è stata la prima mostra dedicata a Gemito fuori dall’Italia dopo la morte dell’artista, il che può apparire sorprendente trattandosi di un uomo che aveva trovato la gloria proprio a Parigi, durante l’Esposizione universale del 1878, e che aveva stretto amicizia con i grandi artisti del tempo: Meissonnier ma anche Rodin.

Con la mostra al Petit Palais, Gemito non ha cambiato volto, ma la sua figura è cresciuta, incontrando un’altra leggenda.

 

Vincenzo Gemito, Pastore degli Abruzzi, 1873 ca. Acquisizione post unitaria Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

La sua “nicchia” di scultore pittoresco e realista si è allargata, a beneficio non solo di una migliore comprensione della sua strategia artistica ma anche di una leggenda che, uscita dalle sue frontiere, ha spezzato il suo isolamento e ha assunto una forma più universale: quella dell’artista maledetto.

La miseria, la gloria e la follia, tutti gli ingredienti che la nostra modernità è solita associare all’arte, sono in effetti riuniti in Gemito, che è entrato così nell’universo dei Camille Claudel, dei Van Gogh, degli Antonin Artaud, dei folli devastati o, al contrario, elevati dalla loro follia.

 

Medaglione con testa di Medusa – Vincenzo Gemito 1911 – Argento dorato – 23,5 cm – Inv. 86 SE. 528 – Getty Museum

 

Questa leggenda, a sua volta, non è certamente priva di conseguenze per il talento di un artista, ma ci ha permesso di rivalutare l’ultimo periodo della sua produzione, i suoi ultimi vent’anni di vita, in cui il disegno diventa scultura.

La mostra che si apre a Capodimonte, “Gemito dalla scultura al disegno”, ha l’ambizione di riassumere le rivelazioni di quella parigina, organizzandole però diversamente intorno ai suoi esordi, ai busti, alla gloria, agli amori (la francese Mathilde e la napoletana Anna), alla follia e alle ultime opere.

 

Vincenzo Gemito, Ritratto di Anna, s.d. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

Addolorato dal lutto, ferito dalla demenza, Gemito realizzò nei suoi ultimi anni una serie di opere sorprendenti, un nuovo ritorno all’antico, ma come stranamente attraversato dalla modernità delle secessioni artistiche dell’inizio del XX secolo, una sorta di manierismo che fa pensare a Vienna, a Monaco e che anticipa la rottura italiana della pittura metafisica e in particolare di Gino Severini.

 

Come tutte le mostre dedicate a Gemito, passate e future, anche queste due insistono sul genio tecnico di Gemito, un genio che le repliche tardive dei suoi bronzi che invadono il mercato hanno cancellato, per non dire umiliato.

 

Il video di Carmine Romano, le parole dell’architetto Roberto Cremascoli e l’introduzione del direttore Sylvain Bellenger fanno parte di “Capodimonte oggi racconta”

 

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