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L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… Le Antichità di Ercolano Esposte

Nello spazio online della rubrica L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… un nuovo appuntamento con il restauro ci mostra il lavoro su Le Antichità di Ercolano Esposte, ambiziosa e prestigiosa opera editoriale realizzata dalla corte borbonica.

Le pitture di Ercolano e Pompei riprodotte in incisione conobbero una fortuna esponenziale, dando origine a una produzione decorativa che affascinò artisti e regnanti di tutta Europa.

Il testo è a cura di Giuseppe Silvestro, restauratore dell’opera e funzionario diagnosta del Dipartimento di Restauro, presso il Gabinetto Disegni e Stampe del Museo e Real Bosco di Capodimonte.

 

Le Antichità di Ercolano Esposte. Le pitture antiche d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione. Tomo primo Napoli, Stamperia Reale, 1757 legatura in mezza pergamena mm. 520 x 410 x 45

 

Il restauro di un oggetto è anche un’occasione unica per avvicinarsi all’epoca e all’ambiente in cui fu realizzato, e ogni opera del passato evoca attorno a sé tutto un mondo.

Questo è più che mai vero per Le Antichità di Ercolano Esposte, ambiziosa opera editoriale intrapresa dalla corte borbonica per dare il massimo risalto ai rinvenimenti archeologici realizzati nelle città vesuviane sepolte dall’eruzione del 79 d.C., che a partire dal 1738 si andavano riscoprendo.

 

A sinistra: Teseo Liberatore, affresco staccato proveniente dall’Augusteum (cosiddetta Basilica) di Ercolano, I sec. d.C., Napoli Museo Archeologico Nazionale, inv. n. 9049 / A Destra: Incisione nel volume Le Antichità di Ercolano Esposte

 

Danzatrici dalla Villa di Cicerone a Pompei, particolare
I secolo d.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale

 

 

Confronti

 

Le immagini delle pitture di Ercolano e Pompei, staccate dalle pareti secondo una selezione che isolava i singoli elementi decorativi di maggior interesse e portate nella reggia di Portici, così riprodotte in incisione ebbero un successo enorme e una diffusione esponenziale, dando origine a una produzione decorativa che coinvolse e affascinò gli artisti e i regnanti di tutta Europa.

 

Geliere, Servizio dell’Oca, porcellana dipinta e dorata, Real Fabbrica della Porcellana di Napoli (1771-1806) / Incisione nel volume Le Antichità di Ercolano Esposte

 

 

Le Antichità di Ercolano Esposte in otto volumi costituiscono la pubblicazione più prestigiosa per qualità e più importante dal punto di vista culturale della Regia Stamperia Palatina, poi Regia Stamperia di Stato, attiva a Portici sotto il regno di Carlo di Borbone, a Napoli dal 1734 al 1759.

 

La fama che si andava diffondendo presso il pubblico colto europeo delle straordinarie scoperte fatte nel sito dell’antica Ercolano e di altri luoghi sepolti dall’eruzione vesuviana (come Civita, poi identificata in Pompei) suscitò il grande desiderio di conoscere gli oggetti che il re teneva gelosamente custoditi e nascosti.

 

 

Nel 1755 fu quindi istituita la Reale Accademia Ercolanese presieduta dal ministro Bernardo Tanucci e composta da quindici membri che avrebbero dovuto curare, secondo l’ambizioso e costoso progetto iniziale mai portato a termine, la pubblicazione di ben quaranta volumi contenenti le riproduzioni a stampa – da lastre incise all’acquaforte – di pitture, sculture e oggetti d’arredo riemersi dal sottosuolo con le note esplicative degli eruditi Accademici.

 

Nel 1757 venne edito il primo volume, l’ottavo e ultimo fu edito nel 1792; i motivi iconografici e le forme dell’arte romana, così illustrati e spiegati, diffondendosi in Europa segnarono il mutarsi del gusto in senso neoclassico.

 

Antonio Canova, Danzatrici (1799), Possagno, Gypsotheca e Museo Antonio Canova -Photo-©-Fabio-Zonta

 

 

Nel laboratorio di restauro della carta annesso al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Museo e Real Bosco di Capodimonte, nel 2007 è stato realizzato il restauro che andiamo a illustrare, che ha interessato il primo tomo de Le Antichità di Ercolano edito nel 1757, che si compone di 279 pagine con 50 tavole incise in rame, proveniente dalla Biblioteca “Molajoli” di Napoli.

 

Il restauro è stato effettuato dal restauratore Giuseppe Silvestro, attualmente funzionario diagnosta del dipartimento Restauro.

 

 

L’occasione per il restauro è stata allora la realizzazione della mostra Sovrane fragilità. Le fabbriche Reali di Capodimonte e di Napoli (Torino, Pinacoteca del Lingotto, 11 Maggio – 26 Agosto 2007) dedicata alle porcellane delle fabbriche di Carlo e Ferdinando di Borbone che tanto avevano attinto dal ricchissimo repertorio iconografico illustrato nei volumi.

 

 

Attualmente è esposto nella mostra: Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica, dove dialoga con oggetti e arredi ispirati alle sue illustrazioni.

 

Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica
Museo e Real Bosco di Capodimonte Ph. Luciano Romano

Stato di conservazione

 

Il volume era costituito da fogli lacerati alla piegatura, i cui fascicoli erano stati cuciti senza il sostegno dei nervi al dorso; l’insieme era racchiuso da una copertina i cui piatti erano costituiti da un cartoncino molto sottile e rivestiti con carta anche al dorso, il cui colore chiaro si accostava al colore della pergamena.

Per tenere insieme i fogli lacerati alla piegatura e i fascicoli staccati nel corso del tempo era stata usata una colla vinilica. Numerosissime le lacune e gli strappi dei fogli.

 

Intervento di restauro

 

Prima di procedere all’intervento tutti i fogli del volume sono stati controllati e numerati con una matita morbida.

Sono stati poi scuciti e spolverati sia al recto che al verso con pennello e gomme morbide per rimuovere tutte le impurità superficiali (polvere, deiezioni di insetti, spore di microrganismi) e puliti dalla colla vinilica e dalle incrostazioni di vario genere con un bisturi ed una spatolina.

 

 

Sono stati poi ricomposti i bifolii incollando tra i fogli singoli delle brachette di carta giapponese larghe circa 2 cm con Tylose MH 300P al 4 % in acqua distillata.

Le lacune sono state risarcite e gli strappi suturati con carta giapponese e Tylose MH 300P.

Tutti i fogli sono stati nebulizzati con una soluzione di acqua distillata, alcool etilico e cloruro di benzalconio, rispettivamente nella proporzione di 80 %, 19,5 % e 0,5 %.

Ricomposti i fascicoli, sono stati aggiunti 2 bifolii di carta Ingres Fabriano sia al verso che al recto, e sono stati sottoposti ad una moderata pressione tra carta assorbente, per spianarli.

 

 

Per poter consentire la consultazione del volume dando maggiore resistenza e facilitando la completa apertura è stata effettuata la cucitura su 5 fettucce larghe 15 mm con un filo di canapa di medio spessore.

 

Sono stati aggiunti poi i capitelli, è stata effettuata l’indorsatura, incollando al dorso la carta giapponese con Tylose.

 

Cucitura su cinque fettucce di cotone

 

È stata preparata a parte una cartella, costituita dai piatti e dal dorsetto, rilegata con carta e pergamena al dorso ed agli angoli.

 

È stato inserito nella cartella il corpo del volume cucito, incollando le fettucce (circa 2 cm rimasti) e i fogli di guardia ai piatti (fogli aggiunti precedentemente) per salvaguardare il primo e l’ultimo foglio del volume a contatto con i piatti.

Nel rilegare la cartella e nell’incollare le fettucce e i fogli di guardia è stata utilizzata una miscela di colla composta al 90% di Tylose e 10% di Vinavil 59.

 

 

 

Dopo il restauro

 

 

Il testo di Giuseppe Silvestro è inserito nell’iniziativa “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta”

 

 

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