Indagare Raffaello a Capodimonte, le ragioni di una mostra
La mostra Raffaello a Capodimonte: l’officina dell’artista (visitabile fino al 28 novembre 2021) a cura di Angela Cerasuolo e Andrea Zezza, con Marco Cardinali per il coordinamento delle indagini, fa parte delle celebrazioni per i 500 anni dalla morte dell’artista e si propone di valorizzare il patrimonio raffaellesco del Museo, molto più ricco e vario di quanto si sia soliti pensare.
Il percorso di visita offre al pubblico le novità emerse dalla campagna di indagini diagnostiche condotte nel Museo, grazie a importanti collaborazioni istituzionali – alla base di questa mostra – che ha permesso un approccio originale sia alle opere d’arte, sia al lavoro della bottega dell’artista e a quelle dei sui seguaci, mettendo in luce il complesso lavoro che sta dietro la creazione di originali, multipli, copie, derivazioni.
Uno studio cominciato molti anni fa e che ancora oggi è oggetto di dibattito, anche alla luce delle nuove scoperte, dei confronti, delle indagini che sono presentate in mostra.
Un’esperienza faticosa, avvincente e intensa alla base dell’idea stessa della mostra.
Una storia che ci racconta in prima persona Angela Cerasuolo, curatrice della mostra e capo del Dipartimento di Restauro del Museo e Real Bosco di Capodimonte.
Lavorare in un grande museo come il Museo di Capodimonte è un grande privilegio.
Vivere a contatto con tanti capolavori, con oggetti, dipinti, arredi che raccontano un passato ancora vivo, con depositi colmi di opere che aspettano di essere rimesse in valore, o anche solo protette, è insieme una responsabilità e una opportunità straordinaria.
Lavorare nel museo di Capodimonte come restauratrice è tutto questo e anche qualcosa in più.
La familiarità con le opere è ancora più stretta, la responsabilità forse più grande.
In tanti anni trascorsi nei laboratori e nel museo credo di avere imparato tanto, ma mi sono sempre sentita in debito nei confronti di questo patrimonio sconfinato, con la necessità di capire di più, di trovare la causa per la fragilità di alcune opere, di conoscere la storia dei restauri passati, di studiare in tutti i modi la struttura ricca e complessa dei dipinti, per poterne aver cura, per quanto possibile, al meglio.
La mostra su Raffaello – realizzata fra le note difficoltà che hanno reso le celebrazioni raffaellesche del 2020 un percorso a ostacoli facendo rinviare tante iniziative – pur se compiuta in pochi mesi, è stato l’approdo di tante ricerche, interrogativi, interventi, che ho condiviso con colleghi e studiosi, restauratori, scienziati, storici dell’arte.
Un approdo transitorio, come è sempre nel nostro mestiere, ma anche un’occasione per far convergere competenze e sguardi, condividere impegno e entusiasmo.
Il lavoro di preparazione dei contenuti scientifici e del catalogo è stata un’esperienza faticosa ma avvincente e intensa: riesaminare assieme a Andrea Zezza e Marco Cardinali tutto il materiale raccolto sulle opere per comprenderne la composizione materiale, ripercorrerne l’iter esecutivo e la storia dei restauri passati, analizzare le serie di documenti diagnostici e documenti archivistici alla luce della storia collezionistica e della fortuna critica, ha dato l’occasione per guardare assieme, e quindi spesso per guardare oltre, e ha messo talvolta in evidenza aspetti inediti e sorprendenti delle opere.
Non sto a ripetere qui i contenuti della mostra, l’elenco delle opere esposte, la logica sottesa alle scelte compiute, tutto questo è ben descritto altrove.
Vorrei ricordare alcuni momenti di un cammino lungo e mai interrotto, cominciato tanti anni fa, alcuni episodi in cui le risposte hanno superato le aspettative più ambiziose, lasciandoci sorpresi e inducendoci ogni volta a rivedere le nostre convinzioni.
È stato il caso della Madonna del Divino Amore, quando Claudia Daffara, Fisico dell’Istituto Nazionale di Ottica (INO) mise in funzione lo scanner per la riflettografia infrarossa e iniziarono ad apparire sul monitor le immagini del disegno soggiacente, imprevedibile e creativo, che ci mostrava tutta la complessità e il tormento che nascondeva quell’immagine così lineare e perfetta.
Con Marina Santucci e Mariella Utili, allora rispettivamente Responsabile del Restauro e Direttrice del museo, ci guardammo incredule: una nuova avventura stava iniziando.
Le indagini scientifiche offrono una visione letteralmente più profonda dell’opera esaminata, e le conoscenze storiche trovano a volte le loro risposte in quelle immagini che ne mostrano gli strati nascosti.
Così pure è avvenuto per la Madonna della gatta di Giulio Romano, quando sotto la superficie pittorica, nella radiografia, è comparsa una stesura più dolce e armoniosa, che ci mostrava quello che Raffaello stava dipingendo in quel 1520 fatale. E poi, la riprova, ricercata consapevolmente con Marco Cardinali e Paolo Romano (a capo della squadra di studiosi dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN-CNR di Catania), sottoponendo i volti delle figure all’indagine MaXRF in alta risoluzione, che ci ha mostrato distinti e chiari i due strati, le due mani.
Infine l’esame realizzato da Marcella Ioele del laboratorio di Chimica ICR sui campioni stratigrafici della Madonna della gatta – conservati presso i laboratori scientifici dell’Istituto Centrale del Restauro dall’epoca del restauro del 1981 – ha evidenziato la molteplicità degli strati, la discontinuità dell’esecuzione, le cause della fragilità di un’opera costantemente bisognosa di restauri.
I frammenti della pala di San Nicola da Tolentino, esposti nella mostra con il corredo di analisi che mostrano la complessità e l’audacia sperimentale della tecnica pittorica del giovane Raffaello, sono fra le prime opere del museo che cominciammo a indagare negli anni ’80 all’epoca del restauro di Francesco Virnicchi, e sin da allora si iniziò a pensare di proporre una ricostruzione che tenesse conto delle tracce materiali.
Dopo tanti anni, ancora stiamo a interrogare quei frammenti, e a trarne motivo di conoscenza e di dibattito, ora anche con gli organizzatori della mostra Raffaello giovane a Città di Castello e il suo sguardo aperta il 30 ottobre 2021, dove la ricostruzione è proposta assieme alle altre opere giovanili di Raffaello tuttora conservate per la cittadina umbra o che furono realizzate per gli altari delle sue chiese e ora sono in grandi musei, e ancora vedremo Raffaello sotto una luce nuova, accesa da nuovi sguardi e nuove domande.
Scopri tutto sulla mostra Raffaello a Capodimonte: l’officina dell’artista (visitabile fino al 28 novembre 2021)
Guarda i video realizzati in occasione della mostra su itsart.tv
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