Raffaello e la sua bottega: indagini diagnostiche per una nuova mostra
Raffaello Sanzio (Urbino 1483-Roma 1520), artista straordinario del Rinascimento, ha raggiunto vertici di espressività e di raffinatezza assoluti.
Protagonista del suo tempo, ricerca una grazia e un’armonia perfetta, frutto di una elaborazione lunga e complessa, ancora più sorprendente perché solo all’apparenza ottenuta in modo spontaneo e naturale.
Al Museo e Real Bosco di Capodimonte, che ospita un patrimonio raffaellesco di grande rilievo, è in atto uno studio che ha lo scopo di approfondire il lavoro dell’artista e della sua bottega, e di mettere in luce la complessità della creazione di originali, multipli, copie, derivazioni.
I risultati della ricerca saranno presentati nel prossimo mese di giugno in un convegno internazionale e in una mostra che si terranno proprio al Museo e Real Bosco di Capodimonte.
La mostra Raffaello al Museo di Capodimonte: l’officina dell’artista, prevista nel giugno 2021, racconterà in modo innovativo le opere oggetto di studio, affiancando alla tradizionale conoscenza scientifica e storiografica il percorso dei processi esecutivi, la descrizione della natura dei materiali costitutivi e dei fenomeni di degrado.
I curatori della mostra sono Angela Cerasuolo, capo del Dipartimento di Restauro del Museo e Real Bosco di Capodimonte e Andrea Zezza, docente di Storia dell’Arte Moderna presso il dipartimento di Lettere e Beni culturali all’Università degli studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’.
Le indagini diagnostiche consentono un approccio all’opera impegnativo ma emozionante, che coinvolge diverse professionalità.
Storici e restauratori hanno accesso alla complessa lettura dei dati scientifici, strumenti e metodi innovativi sono analizzati in funzione dei problemi conservativi e dei quesiti posti dalle opere esaminate.
Le novità emerse dalla campagna di indagini diagnostiche saranno presentate al pubblico attraverso strumenti multimediali che permetteranno un approccio originale alle opere d’arte viste nel loro farsi, consentendo di scrutare il lavoro della bottega dell’artista e dei sui seguaci.
Sarà reso evidente quanto studio c’è dietro la creazione del più prestigioso dei capolavori così come la grande varietà di mezzi espressivi nel genere della pala d’altare, del ritratto, del cartone per affreschi, nel quadro da stanza.
Le indagini diagnostiche attualmente in corso si stanno svolgendo nell’ambito di un programma di collaborazione del Museo e Real Bosco di Capodimonte con il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell’Università della Campania Vanvitelli, con il CNR ISPC (Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale), i LNS-INFN (Laboratori Nazionali del Sud) di Catania ed il CNR-SCITEC (Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche) e il LAMS (Laboratoire d’archéologue moléculaire et structurale) di Parigi.
Il patrimonio raffaellesco del Museo, più ricco e variato di quanto si sia soliti pensare, conta alcuni dipinti di Raffaello e del suo ambito che possono ben esemplificare i diversi momenti della carriera dell’artista e i vari aspetti della produzione del maestro, che l’indagine diagnostica ci aiuta a comprendere nel loro svolgimento.
Il Museo e Real Bosco di Capodimonte conserva nelle sue collezioni L’Eterno e la Vergine provenienti dalla Pala di San Nicola da Tolentino (1500-1501), prima opera nota del diciottenne Raffaello, dipinta per la cappella di Andrea Baronci nella chiesa di Sant’Agostino di Città di Castello, distrutta alla fine del Settecento.
L’Eterno e la Vergine sono due dei frammenti superstiti – assieme a due Angeli conservati rispettivamente a Brescia e al Louvre – della pala raffigurante l’Incoronazione di san Nicola da Tolentino.
È la prima commissione pubblica di Raffaello di cui si ha notizia, realizzata fra il dicembre 1500 e il settembre 1501 dal giovane maestro assieme a Evangelista da Pian di Meleto, anziano artista già collaboratore di Giovanni Santi.
Nella collezione del museo di Capodimonte è anche il Ritratto del cardinale Alessandro Farnese (1511 ca), il giovane cardinale che tanti anni dopo diventerà il potente papa Paolo III.
Riconducibile al «ritratto di Paolo III quando era cardinale […] n. 134» già ricordato nel 1587 nell’inventario della Guardaroba di Ranuccio Farnese a Parma, ritrae il futuro papa a una data molto vicina al 1511, quando Raffaello raffigura Alessandro nella Stanza della Segnatura, fra i cardinali a fianco di papa Giulio II nella Consegna delle Decretali.
E ancora nelle collezioni del museo il Mosé e il roveto ardente (1514), monumentale cartone preparatorio eseguito per l’affresco della volta della Stanza di Eliodoro in Vaticano, dalla prestigiosa collezione di Fulvio Orsini, bibliotecario e responsabile degli acquisti della famiglia Farnese, e la Madonna del Divino Amore (1516-18) dipinto tra i più ammirati dell’artista nel corso del Cinquecento, menzionato fra le opere più importanti del periodo romano di Raffaello da Vasari che la descrive in termini entusiasti – «miracolosissimo di colorito e di bellezza singulare […] condotto di forza e d’una vaghezza tanto leggiadra io non penso che e’ si possa far meglio», poi caduto nell’oblio e sottratto solo recentemente, anche grazie alle indagini scientifiche e al restauro, alla sfortuna critica in cui era caduto nel Novecento.
Ma il museo conserva anche un’opera fondamentale di Giulio Romano, il principale allievo di Raffaello, la Madonna della Gatta (1518-1520 ca?), eseguita seguendo un modello del maestro, e di cui le indagini aiutano a meglio comprendere tanto la complessa genesi esecutiva, quanto le cause dei problemi che ne hanno resa problematica la conservazione.
Il Museo e Real Bosco di Capodimonte conserva anche una serie di copie, derivazioni, multipli, alcune delle quali forse elaborate nella bottega stessa dell’artista (Madonna del Passeggio, Madonna del Velo), altre per mano di artisti di prima grandezza per committenti importanti – è il caso della famosa copia del Ritratto di Leone X di Andrea del Sarto – dove la nozione di copia costeggia quella di falso d’autore, e che secondo Vasari avrebbe ingannato lo stesso Giulio Romano – o forse per esercitazione, come il San Giuseppe dalla Madonna del velo realizzato da Daniele da Volterra.
Queste, assieme ad altre realizzate da più meccanici copisti (Madonna Bridgewater) permettono di esplorare ad ampio raggio questo tipo di produzione, che costituiva larga parte dell’opera delle botteghe del Cinque e del Seicento e che oggi forma una parte enorme, anche se spesso trascurata, del nostro patrimonio artistico.
La Madonna del Divino Amore di Raffaello è stata oggetto di un recente restauro nei laboratori di Capodimonte che ne ha approfondito la conoscenza del procedimento esecutivo chiarendo la sostanziale autografia dell’opera precedentemente attribuita alla bottega dell’artista.
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