Con la rubrica L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… anche quest’anno il Museo e Real Bosco di Capodimonte partecipa alla manifestazione nazionale Buongiorno ceramica 2020, un’edizione digitale, per l’emergenza sanitaria in corso, che racconterà nel weekend le collezioni di ceramiche di Capodimonte e la Real Fabbrica di Porcellana.
Il primo dei due interventi, a cura di Maria Rosaria Sansone e Alessandra Zaccagnini, assistenti del Dipartimento Scientifico per le Arti decorative (Porcellane e Ceramiche), ci presenta le raccolte di porcellane e maioliche del Museo e Real Bosco di Capodimonte.
Il museo di Capodimonte conserva una collezione di porcellane fra le più importanti in Europa che, nel prossimo biennio, sarà oggetto di una importante e complessiva operazione di riallestimento e di valorizzazione.
Porcellane e terraglie possono e devono infatti essere considerate – all’interno del ricchissimo patrimonio del Museo e Real Bosco di Capodimonte – strettamente legate alla natura del sito.
Non solo, infatti, il nome Capodimonte è indissolubilmente unito a quello della manifattura di porcellana voluta e finanziata da Carlo di Borbone, ma anche a Capodimonte in epoca postunitaria vennero concentrate e riunificate le ricchissime raccolte ceramiche di provenienza borbonica sparse nei vari siti reali.
Esposte nei vari allestimenti dell’Otto e del Novecento solo in piccola parte, le porcellane e le terraglie verranno ora esibite al pubblico nella loro totalità, con un allestimento da “Cabinet” che ne esalterà, oltre che la qualità, il numero e la varietà.
Il numero e le varietà della raccolta (composta da oltre 6000 pezzi tra porcellane, biscuits, maioliche e terraglie) include oggetti delle più importanti manifatture italiane ed europee attive tra il XVIII e XIX secolo.
Il corpus principale del nucleo è costituito da oggetti di provenienza borbonica, radunati a Capodimonte a ridosso dell’Unità d’Italia (1861) dal cavaliere Annibale Sacco, direttore amministrativo della Casa Reale Savoia (1863-1887).
Sacco, come curatore e conservatore della reggia, concentrò a Capodimonte le ingenti raccolte ceramiche dei Borbone che si trovavano distribuite nei numerosi Siti Reali del Regno con destinazione d’uso e di arredo, con l’intento di esporle nel museo che andava costituendo.
Grazie all’attività di riordino di Annibale Sacco giunsero a Capodimonte anche oggetti e servizi in porcellana provenienti dalle residenze reali Savoia di Torino, Roma e Firenze che andarono a rafforzare notevolmente l’antico nucleo dei Borbone.
Di provenienza borbonica, il piccolo ma importantissimo gruppo della Real Fabbrica della porcellana di Capodimonte (1743-1759) di cui fanno parte il Corredo d’altare, in origine collocato nell’Oratorio Segreto di Sua Maestà nella Reggia di Portici, e il Bacile da barbiere a forma di conchiglia che mostra la decorazione di cui Gricci fu inventore e specialista, quella “a conchiglia di mare”.
Nel 1866 venne inoltre trasferito e rimontato a Capodimonte da Portici il Salottino di porcellana della regina Maria Amalia.
A integrazione degli oggetti prelevati dai vari siti reali borbonici seguì una scrupolosa politica di acquisizioni intrapresa da Sacco fin dagli anni Settanta dell’Ottocento, motivata dall’intento di accrescere il nucleo dei manufatti di committenza borbonica, con particolare attenzione per la produzione carolina.
Di provenienza borbonica è anche una cospicua raccolta di porcellane e biscuits della Real Fabbrica della porcellana di Napoli (1771-1806), fondata da Ferdinando IV di Borbone.
Il nucleo ben rappresenta l’intero arco della produzione della manifattura reale: dagli imponenti serviti da tavola come il Servizio con le vedute del Regno, detto dell’Oca, ai numerosi biscuits che rappresentano personaggi dell’antichità e soggetti mitologici; dalle figure singole ai gruppi, come la spettacolare Caduta dei Giganti, il più grande biscuit oggi noto.
Il gusto per l’antico, profondamente radicato a Napoli grazie agli scavi di Ercolano e Pompei, fu determinante in tutti i vari ambiti culturali ed artistici, e specialmente nella produzione delle porcellane di Napoli.
Sotto la direzione artistica di Domenico Venuti (dal 1779), figlio e nipote di archeologi, si introdusse nella fabbrica un profondo cambiamento di gusto e di cultura in senso neoclassico.
Di provenienza reale, murattiana e borbonica, il museo conserva porcellane della Manifattura Poulard Prad (1806-1815), nata dalla cessione della privativa della Real Fabbrica di Napoli all’imprenditore Giovanni Poulard Prad durante il decennio francese, come i quattro importanti busti in biscuit con i ritratti all’antica di Gioacchino Murat, Carolina Bonaparte e dei figli Achille e Letizia.
Il periodo successivo alla Restaurazione, dopo il 1815, è caratterizzato dall’utilizzo di porcellane bianche prodotte in Francia, che venivano poi decorate a Napoli da un gruppo di raffinati miniatori, primo fra i quali Raffaele Giovine (attivo dal 1820 al 1866).
È purtroppo esiguo il gruppo di porcellane borboniche di Meissen, la prima manifattura di porcellana ad essere avviata in Europa (dal 1710 ad oggi), nonostante sappiamo che la regina Maria Amalia di Sassonia (1724-1760), moglie di re Carlo di Borbone, portò in dote a Napoli numerosi oggetti della manifattura Sassone che molto impressionarono il giovane sposo.
Da un punto di vista numerico e quantitativo, di primaria importanza è il nucleo di porcellane della Manifattura Imperiale di Vienna, secondo solo a quello della Real Fabbrica di Napoli.
Una così cospicua presenza di oggetti nelle collezioni reali, in gran parte individuati negli antichi inventari borbonici, rilevante anche da un punto di vista qualitativo, è dovuta ai legami di parentela tra i regnanti di casa Borbone e gli Asburgo.
La regina Maria Carolina (1752-1814), moglie di Ferdinando IV di Borbone, è figlia dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, e la sua primogenita Maria Teresa sposerà nel 1790 l’arciduca Francesco, futuro imperatore del Sacro Romano Impero.
Déjeuners e solitaires, cioè servizi per più persone o per una sola, decorati con vedute delle città di Vienna e Napoli e con i ritratti in silhouettes delle famiglie reali Borbone ed Asburgo, erano spesso doni inviati al re Ferdinando IV dalla regina Maria Carolina durante i sui soggiorni a Vienna (tra il 1800 e il 1801).
Anche gli oggetti della Manifattura Reale di Berlino (1752-1918) e di quella di Sèvres (dal 1740 ad oggi) sono in gran parte costituiti da doni inviati ai re di Napoli.
Di prestigiosa provenienza sono anche diversi grandi vasi della Manifattura Dagoty di Parigi (1800-1820) destinati da Napoleone per l’arredo del palazzo del Quirinale a Roma e recuperati nel 1814 da Gioacchino Murat per abbellire le regge napoletane.
Sono infine presenti anche i jasperware della Manifattura inglese di Josiah Wedgwood (1730-1795), particolari e durissimi grès colorati ad impasto sui quali spiccavano figure in rilievo ispirate all’Antico.
Infine, alle porcellane si affianca il considerevole gruppo dalle terraglie “all’uso inglese” – così definite perché imitanti i prodotti della manifattura di Wedgwood citata poc’anzi – costituito da circa 600 pezzi che comprendono prevalentemente oggetti realizzati dalle manifatture napoletane delle famiglie Del Vecchio e Giustiniani.
Le privative e le sovvenzioni economiche della Casa Reale ottenute da queste manifatture a partire dalla fine del Settecento si riflettono nel ricco nucleo del museo, prevalentemente grandi serviti da tavola e da caffè commissionati dalla corte borbonica per i vari siti reali, sino ad oggi esposti solo in piccola parte.
Oltre ai nuclei di provenienza borbonica, grazie all’attività di riordino di Annibale Sacco di cui si è detto, a Capodimonte arriva il vasellame da tavola di casa Savoia, commissionato dai sovrani sabaudi dopo l’Unità di Italia per dotare le varie regge di adeguati serviti da utilizzare per le occasioni di rappresentanza.
Il Museo di Capodimonte conserva di questi un cospicuo patrimonio, con serviti, spesso ornati della corona reale, commissionati alle manifatture di Meissen, Berlino e Ginori e ricchissimi per numero, varietà, tipologia di forme.
Accanto alle porcellane e alle terraglie sono da menzionare le maioliche custodite nel museo e fra queste, in primo luogo, il pregevole servizio di piatti in maiolica blu a fondo oro delle Officine di Castelli, databile alla seconda metà del XVI secolo, realizzato per il cardinale Alessandro Farnese, ed acquisito da Carlo di Borbone assieme alla raccolta Farnese.
Infine sono da ricordare le maioliche rinascimentali e barocche donate a Capodimonte dal collezionista Mario De Ciccio nel 1957 assieme ad una vasta ed eclettica raccolta di oggetti.
Il testo di Maria Rosaria Sansone e Alessandra Zaccagnini è inserito nell’iniziativa “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta”