Canova
Un restauro in mostra
per il ciclo di mostre-focus L’Opera si racconta
(6 maggio – 12 gennaio 2020)
La Letizia Restaurata è visibile in mostra fino al 5 aprile 2020
Il Museo e Real Bosco di Capodimonte, in omaggio e in occasione della grande mostra Canova e l’antico in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, propone la mostra-focus Canova. Un restauro in mostra (6 maggio – 12 gennaio 2020).
L’esposizione si inserisce nel ciclo di mostre-focus L’Opera si racconta con cui il Museo e Real Bosco di Capodimonte dà voce a dipinti, sculture e oggetti d’arte presentate al pubblico in relazione con altre opere o documenti in grado di spiegare il contesto le opere della collezione permanente nella sala 6, al primo piano.
La mostra, a cura di Maria Tamajo Contarini e Alessia Zaccaria, è realizzata in collaborazione con l’associazione Amici di Capodimonte onlus e con il supporto dell’azienda Tecno srl.
La madre di Napoleone, giace sedente come a gravissima e nobil matrona conviensi,
ed è panneggiata con tutto lo studio e la scelta dei vestimenti il più felicemente disposti
che l’arte eseguir mai potesse
Leopoldo Cicognara – Presidente dell’Accademia di belle arti a Venezia,
in Storia della scultura dal suo risorgimento fino al secolo di Canova, Prato 1823-25
Il progetto espositivo “L’Opera si racconta”
Il progetto espositivo è stato inaugurato nella primavera 2017 con la Crocifissione di Antoon Van Dyck, poi proseguito con la Parabola dei ciechi di Pieter Brueghel il Vecchio e infine con la Sacra Conversazione di Konrad Witz.
Ritratto di Letizia Ramolino di Antonio Canova
L’opera è il calco della scultura che raffigura Letizia Remolino Bonaparte seduta su una sedia alla greca, commissionata direttamente dalla madre dell’Imperatore, presente a Roma dal 31 marzo al 14 novembre del 1804.
L’opera, acquistata a Parigi nel giugno 1818 da William Cavendish VI Duca di Devonshire, è esposta oggi a Chatsworth House.
La scultura in gesso presentata a Capodimonte fu acquisita nel novembre del 1808 dalla corte di Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte, sorella dell’imperatore.
Fu lo stesso Canova a suggerire l’ingresso dell’opera nelle collezioni reali assieme a una delle repliche in gesso della statua di Napoleone come Marte Pacificatore, di cui rimane il busto esposto nella Gipsoteca dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli.
Nel 1810 le sculture risultano esposte nella stessa sala delle Regie scuole delle arti e del disegno nel Palazzo degli Studi, oggi al MANN.
In una visita al museo nel 1813, Canova non approvò la sistemazione giudicandola poco idonea alla maestosità della scultura dell’Imperatore.
Con la Restaurazione borbonica prima e con l’avvento dell’Unità d’Italia poi, le sculture furono trasferite in deposito e in locali secondari del museo, per confluire alla fine dell’Ottocento nel nucleo di opere che costituì la Sala del Canova dello stesso museo degli studi, assieme al marmo di Ferdinando IV.
Nel 1957 la scultura è trasferita a Capodimonte per essere esposta nella sala 79 del museo dedicata da Bruno Molajoli al Decennio francese.
Ancora oggi è presente nell’allestimento dell’Appartamento reale al primo piano del museo.
Dopo aver raffigurato Napoleone come Marte Pacificatore (1802 Londra, Apsley House) e la sorella Paolina come Venere vincitrice (1804 Roma, Galleria Borghese), Canova presenta Letizia come Agrippina (1804-7), di cui l’artista aveva certamente ammirato la statua romana conservata in Campidoglio, ma anche quella della Agrippina Farnese esposta a Napoli.
Sarà la scelta di ritrarre donne sedute o distese a ricorrere di frequente nelle opere di Canova, divenendo una delle sue rappresentazioni favorite.
Dell’opera l’artista ha realizzato alcuni bozzetti preparatori e numerose varianti che si intende idealmente mettere a confronto con la versione del museo di Capodimonte.
Letizia Ramolino ne L’Opera si racconta: analisi diagnostiche e restauro
L’intervento di analisi diagnostica e di restauro sulla scultura sarà l’occasione di conoscenza della genesi del calco e delle sue caratteristiche, anche in relazione alle repliche realizzate.
Nel corso dell’intervento ci saranno continue opportunità di confronto, tramite due schermi presenti nella sala 6, con le due repliche originali raffiguranti Letizia Ramolino eseguite sotto il diretto controllo di Canova, conservate presso l’Accademia di Carrara e il Museo Canova di Possagno.
Sarà così possibile esaminare gli effetti volumetrici che Canova ricercava attraverso l’alternanza tra il crespo delle zone opache, il semi lucido dei panneggi, e il lucido delle parti anatomiche.
Questo calco presenta tracce di fratture della materia, oggetto di ricomposizione e integrazione con stuccature eseguite con gesso che mostrano una colorazione diversa dall’originale, non idonee perché annerite per ossidazione.
Alcune parti della figura, come il piede e il sandalo sinistro, le dita della mano, rotte e rimontate più volte, non rispettano l’assetto originario.
Le varie tappe di conoscenza dell’opera saranno presentate ai visitatori attraverso pannelli che illustreranno progressivamente i risultati raggiunti e i due monitor in sala.
Un “cantiere aperto” che porterà il visitatore all’interno degli aspetti legati alla conservazione, valorizzazione del patrimonio in esso custodito.
La “genesi” delle opere Canoviane / tecniche scultoree utilizzate
Le fasi per la realizzazione di un’opera di Canova erano diverse e ben definite.
Alla prima fase, di “ideazione” dell’opera con la realizzazione dei disegni preparatori seguiva quella della modellazione del primo bozzetto in argilla.
Una volta terminato, Canova chiedeva ad un suo aiutante di realizzare una copia del bozzetto, anch’esso in argilla, ma della grandezza definitiva.
Da questo modello, si individuava la linea di mezzeria, e si procedeva ad eseguire, in gesso, il primo calco bivalve con aggiunta di tasselli per i sottosquadri.
Le parti più articolate come la testa, le braccia e le mani erano realizzate, a parte, con ulteriori calchi.
Il modello in argilla era quindi distrutto e dalle forme così ottenute, si ricavavano, con la colatura di gesso liquido, le diverse parti della scultura che venivano quindi assemblate e composte con l’inserzione di “anime” di metallo, legno e ossa.
Il volto, quando era un ritratto, era idealizzato ed elaborato con o senza la posa del soggetto; il corpo, invece, era più imitativo dell’antico.
Da una forma potevano essere ricavati diversi esemplari di gesso poiché Canova non si accontentava d’un unico calco di lavoro: la parte dell’ideazione, infatti, continuava anche sul gesso non solo per la parte meccanica dell’assemblaggio e la realizzazione, ma anche per la parte creativa della scultura.
Canova valutava, quindi, l’effetto del modello finale in gesso in vari modi: attraverso l’utilizzo di una patinatura a base di caseina che rendesse la superficie simile a quella del marmo e chiedendo a diversi amici pittori di riprodurre in grisaille, da diverse angolazioni, le sue opere illuminate alla luce di candele.
Queste pitture erano quindi inviate al committente prima di iniziare la realizzazione del marmo finale.
Del modello finale erano realizzate diverse copie in gesso sulle quali venivano fissati dei chiodini di bronzo, sistemati in posizioni opportune.
I punti di bronzo grossi servivano per la sgrossatura del marmo, quelli meno sporgenti per trasporre le parti definite.
Si procedeva a calcolare le distanze dei diversi punti utilizzando dei compassi da scultura; a tal fine il gesso finale veniva sistemato accanto al blocco in marmo da cui sarebbe stata ricavata la statua: entrambi erano posti sotto un telaio o squadra a cui venivano appesi dei fili di piombo.
In tal modo gli assistenti procedevano a sbozzare i blocchi in marmo sulla base delle misure ricavate dal modello in gesso.
Gli assistenti lasciavano sull’intera superficie una sorta di pellicola o di velo su cui il maestro poteva lavorare.
Lo scultore rifiniva l’opera “ad occhio”: Canova riservava per sé infatti le parti che riteneva più importanti dell’opera quali la rifinitura del volto, delle mani e gli ultimi ritocchi. Infine esaltava la plastica degli incarnati attraverso la patinatura con la quale la superficie marmorea perdeva il tono pallido in virtù di un tono più caldo.
Imitare, nelle belle arti, è riprodurre la somiglianza di una cosa,
ma in un’altra cosa che ne diventa l’immagine.
Antoine Crysostome Quatremère de Quincy – Filosofo, teorico dell’architettura e della scultura, in Essai sur la nature, le but et les moyens de l’imitation dans les beaux-arts 1823
Canova
Un restauro in mostra
per il ciclo di mostre-focus L’Opera si racconta
(6 maggio – 12 gennaio 2020)
La Letizia Restaurata è visibile in mostra fino al 5 aprile 2020
Museo e Real Bosco di Capodimonte (sala 6, primo piano) via Miano 2 – Napoli
a cura di Maria Tamajo Contarini e Alessia Zaccaria
I restauratori: Augusto Giuffredi, Marilena Anzani, Alfio Rabbolini
Traduzioni: Christofer Bakke
Allestimento: Renata Marmo
Grafica in mostra: Francesco Giordano
Si ringraziano: Linda Martino, Angela Cerasuolo, Paola Giusti, Alessandra Golia, Patrizia Piscitello, Alessandra Rullo e il personale di Accoglienza e Vigilanza del Museo di Capodimonte.
Un particolare ringraziamento per i preziosi consigli a Giuseppe Pavanello e Paolo Mariuz.
In collaborazione con Amici di Capodimonte Onlus.
Con il sostegno di Tecno srl.
Foto dell’inaugurazione di Giovanna Garraffa
Hashtag ufficiale della mostra:
#CapodimonteconCanova