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Capodimonte oggi racconta… Il museo di Molajoli e de Felice nel 1957

Vi stiamo presentando, giorno dopo giorno, i nostri dipinti, i nostri capolavori di arti applicate, vi abbiamo condotto – tra i nostri amati alberi – alla scoperta del Real Bosco.

Oggi vogliamo portare indietro le lancette dell’orologio e ritornare laddove tutto è cominciato con le idee di Bruno Molajoli, i progetti di Ezio Bruno de Felice e molto altro ancora.

Capodimonte oggi racconta, grazie all’architetto Rosa Romano del Dipartimento scientifico del Museo e Real Bosco di Capodimonte, la sua storia a partire dalla Seconda Guerra Mondiale.

 

Dopo la Seconda Guerra Mondiale la parola d’ordine era “ricostruire”.

In ambito storico artistico prevaleva il desiderio di riportare alla luce la “bellezza” del nostro Paese.

In tal senso va interpretato l’operato dell’allora Soprintendente alle Gallerie di Napoli Bruno Molajoli la cui mission era riportare all’originario splendore e dignità le innumerevoli opere d’arte presenti negli antichi e prestigiosi siti della nostra città.

Tra gli obiettivi di Molajoli c’era quello di ricollocare a Capodimonte la pinacoteca che a partire dal 1806 per volontà di Giuseppe Bonaparte prima, e successivamente nel 1815 per disposizione di Ferdinando di Borbone, tornato a Napoli dalla Sicilia, era stata completamente trasferita nel Palazzo degli Studi, oggi Mann, adibendo la Reggia a prevalente destinazione residenziale.

 

Bruno Molajoli

 

Abitata fin dal 1906 dai Duca d’Aosta che ivi resteranno fino a ben oltre la cessione della Reggia al demanio nazionale del 1920, la questione si risolve nel 1948 allorché la duchessa Elena d’Aosta rinuncia al diritto di abitare “vita natural durante” alla Reggia.

Il 16 maggio del 1949 il Ministero della Pubblica Istruzione approva un progetto redatto dall’architetto Ezio Bruno de Felice sotto la direzione del soprintendente Bruno Molajoli, che prevede di trasferire nella Reggia di Capodimonte la pinacoteca costretta al Museo Nazionale, lasciando a quest’ultimo tutte le collezioni archeologiche.

I lavori che daranno vita al Museo di Capodimonte avviati nel ’52 con i fondi della neo istituita Cassa del Mezzogiorno si concluderanno nel ’57 con l’inaugurazione del Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte.

 

 

L’impianto planimetrico del piano museale di Molajoli  colloca:

  • al secondo piano la pinacoteca
  • al piano nobile nell’ala est l’appartamento storico
  • al piano nobile nell’ala ovest una galleria dell’ottocento napoletano.

 

Lo stesso soprintendente esplicita come segue le finalità  del progetto:

  1. autonoma, organica e moderna sistemazione della Pinacoteca, prima costretta in 30 sale del Museo Nazionale, senza possibilità di apprezzabili miglioramenti tecnici e funzionali;
  2. complementare vantaggio del Museo Nazionale, con nuova disponibilità di spazio per una agevole sistemazione delle collezioni archeologiche e per i futuri sviluppi;
  3. costituzione di una rappresentativa Galleria della pittura napoletana dell’800, mediante la selezione e l’integrazione della raccolta già esistente a Capodimonte con opere di altre collezioni;
  4. costituzione di una sezione di arti decorative nel ripristinato appartamento di rappresentanza, col riordinamento dell’Armeria Reale, delle collezioni di porcellana, di piccoli bronzi e medaglie del Rinascimento, degli arazzi e dei mobili;
  5. opportunità di concentrare nella nuova sede i servizi e i laboratori della Soprintendenza, opportunamente attrezzati, per servire alle necessità della tutela e della conservazione delle opere d’arte di Napoli e della Campania;
  6. valorizzazione del parco, da aprire al pubblico in rapporto con la funzione del rinnovato museo, quale centro di attrattiva turistica.

 

Sistemazione della Collezione Farnese al Palazzo degli Studi

 

Riordinare la collezione, restaurare il palazzo, progettare un museo capace di mostrare la bellezza delle collezioni, questi gli obiettivi di Molajoli, che trovano concretezza nell’operato di tutto il personale della soprintendenza così come era già accaduto per la precedente operazione di salvaguardia.

 

Essa aveva pianificato il trasferimento di 59.410 opere d’arte in ricoveri sotterranei, in cascinali di campagna e nei Conventi di Cava dei Tirreni, Abbazia di Montevergine e di Montecassino, allorché Molajoli si accorse che i tedeschi, ritirandosi da Napoli, trafugavano opere d’arte da Palazzo Reale, da loro occupato, e successivo ritorno a Napoli dopo l’arrivo degli Alleati il 1º ottobre 1943.

 

La maggioranza delle trasformazioni realizzate all’architettura della reggia trovano la loro ragion d’essere nell’immagine moderna di museo condivisa da Molajoli e de Felice:

 

  • circuito di visita unico e continuo
  • valore della luce e relativo controllo sia in termini di corretta fruizione delle opere che di tutela delle stesse
  • momenti di pausa e sosta all’interno del percorso
  • ordinamento cronologico e per scuole delle opere
  • adeguati laboratori per la tutela
  • servizi di accoglienza e foresteria
  • rapporto tra la reggia e il parco circostante

 

L’esigenza di sostituire le coperture in legno degradate e danneggiate dagli eventi bellici da una parte e il riconosciuto ruolo della luce e dell’illuminazione nei moderni allestimenti, mettono d’accordo museografia e museologia: catturare la luce, orientarla, dirigerla sono gli elementi fondamentali delle tendenze europee post-belliche.

 

 

La macchina museale ideata dall’architetto E. B. de Felice era infatti pensata, progettata e organizzata a partire dalla pianta delle coperture, quindi dai velari, per procedere poi dal secondo al primo piano.

 

Architetto de Felice sui velari

 

La luce infatti, intendo la luce giusta, è la prima esigenza di un museo moderno; e il Molajoli rifacendo 8000 mq di copertura, regolabili secondo l’ora e la stagione, ce n’ha data quanto bisognava.

Tra gl’invitati al “vernissage” (ed era una folla di competenti) non ne ho visto un solo che dovesse contorcersi per ovviare ai lustri che accecano i dipinti quando la luce è sregolata o radente.

E questo non è per una sala ma per 45, tutte semplici e schiette, e dove l’architetto de Felice, senza alcuna concessione al Moloch della museografia moderna, ha atteso servire i dipinti, non la propria regia.

EUROPEO Roberto Longhi 2 maggio 1957

 

La mancanza assoluta di riflessi derivava dalle soluzioni tecniche adottate: soffitti opachi aggettanti e la loro diversa inclinazione, i materiali usati, la geometria dei vari velari.

 

Pianta velari

 

Le coperture trasparenti: i velari furono realizzati con lastre di cristallo temperato, per ottenere una luce priva di colorazione.

Si è resa graduabile la immissione di luce fra la copertura vetrata e i velari della sala mediante l’installazione di una serie di diaframmi ad alettoni metallici regolabili con diversità d’inclinazione, comandati elettricamente dalle stesse.

Particolare cura è stata poi posta nella forma, altezza e proporzione dei soffitti delle sale di esposizione, discriminando caso per caso le diverse situazioni e necessità, si sono realizzati diversi tipi di soffittatura da quella piana trasparente perimetrale a quella opaca curva centrale.

 

Sottotetto

 

Per riposare l’attenzione dei visitatori lungo la pinacoteca al secondo piano era stata attrezzata una sala ristoro.

 

zona ristoro

 

Proprio il Molajoli, in una recente intervista, rilevava che “due fantasmi allontanano il pubblico dai Musei: la soggezione e la stanchezza. Noi dobbiamo aiutare gl’italiani a vincere il terrore ch’essi ispirano”.

EUROPEO Roberto Longhi 2 maggio 1957

 

Il torrino belvedere posto sulla facciata sud della Reggia di Capodimonte fu realizzato proprio durante questi lavori, la struttura originaria del torrino – belvedere – terrazza panoramica è tutt’oggi leggibile: profilati a T, giunti in ferro per la chiusura laterale in vetro, rivestimento del soffitto interno della copertura con traversi in legno (i traversi erano ricavati dalle travi delle capriate dei tetti che nel progetto degli anni 50 vennero sostituite da quelle in cemento), il parapetto in marmo travertino dalla elegante forma tipicamente defeliciana.

 

Torrino Belvedere

 

Si trattava di uno spazio di relax interno al circuito di visita del museo dove il pubblico poteva gustare il panorama circostante e consumare bevande e snack acquistabili al sottostante bar.

Inoltre lungo il percorso al secondo piano si realizzarono in corrispondenza delle finestre panoramiche sul parco, dei punti di sosta separate dalle sale da tramezzi divisori usati sul retro per esporre quadri e per limitare e controllare la luce diretta nelle sale.

 

Il circuito unico di visita viene garantito:

  • dal prolungamento al piano II dello scalone Monumentale realizzato nel 1835 su progetto di A. Giordano come collegamento dell’ala nord al Piano Nobile;
  • dalla realizzazione di alcuni solai in cemento armato che riuniscono le quote all’altezza dei piani a scapito di monumentali spazi come la Cappella Reale (attuale sala 2) e l’armeria di Sacco già gran Galleria (attuale sala 12).

 

Scalone monumentale

 

Cappella Reale

 

Il secondo piano della reggia originariamente adibito ad alloggio della servitù si presentava diviso in piccoli alloggi prestandosi dunque a modifiche e riorganizzazioni anche consistenti.

 

Sale Piano II

 

Al piano Nobile i lavori seppure si considerassero unicamente di ordinamento e risanamento degli spazi monumentali, comportarono non poche trasformazioni alla reggia:

  • interruzione al piano nobile della scala Farnese, attuale sala 16;
  • realizzazione del solaio dell’attuale sala 2 ricavato dall’abbassamento di quota della Cappella Reale oggi come allora sede dell’auditorio;
  • abbassamento e divisione della ex sala dei ritratti borbonici poi armeria di Sacco e attuale sala 12
  • apertura vano alcova di Francesco I
  • ricomposizione del Salottino di Porcellana

 

Il celeberrimo Salottino di Porcellana realizzato nel 1737 e proveniente da Portici fu trasportato nel palazzo di Capodimonte nel 1866 da A. Sacco e sarà definitivamente sistemato da de Felice nel 1957, insieme con la volta in stucco, nel lato orientale del Palazzo, si tratta di circa 3000 pezzi.

L’intento di Molajoli era di ricostruirvi intorno un ambiente settecentesco che utilizzando arredi, suppellettili e dipinti legati al gusto dell’epoca ne ricreasse attorno la suggestione.

 

Salottino di porcellana

 

Armeria borbonica

 

Sala piano I

 

 

Fumoir

 

Il testo di Rosa Romano è inserito nell’iniziativa “Capodimonte oggi racconta”.

 

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