L’addio a Marisa Albanese: ‘Completeremo Massi Erratici il tuo ultimo progetto per Capodimonte’
Il direttore Sylvain Bellenger e i suoi collaboratori piangono la prematura scomparsa dell’artista napoletana Marisa Albanese.
Un’artista sensibile e militante – afferma Bellenger – finiremo il grande totem da lei progettato per il Real Bosco.
Nel punto esatto del Real Bosco di Capodimonte in cui sorgerà la sua opera si è tenuto il saluto del direttore Bellenger e dei suoi collaboratori, dello Studio Trisorio e dei tantissimi suoi amici che venivano attratti dal fascino e dalla sincerità di una persona meravigliosa come Marisa.
Un modo per ribadire la ferma volontà di completare l’ultima opera a cui stava lavorando e sottolineare il suo profondo legame con la città di Napoli.
Sulle note di Bach e Marais, all’ombra dei cipressi dove è collocata una targa commemorativa che recita: ‘A Marisa Albanese, artista combattente, sensibile e militante‘, gli amici più cari si sono ritrovati per salutare l’amata artista.
Grande commozione tra gli intervenuti che si sono stretti intorno alla famiglia, in particolare ai figli Fiamma ed Elio con i nipoti, al marito Giuseppe Fonseca.
Ha ricordato gli ultimi mesi di lavoro e progetti insieme il direttore Sylvain Bellenger nelle parole rotte dall’emozione, mentre l’amica antropologa Mariella Pandolfi ha citato il suo ‘esercizio luminoso del vivere’, la presidente del Madre Angela Tecce ha elencato le sue numerose mostre, tutte caratterizzate da eleganza e profondo rigore etico e ha annunciato la volontà del Madre di esporre le sue ‘combattenti’.
La gallerista Laura Trisorio, accompagnata dalla mamma Lucia, ne ha esaltato la forza e la creatività anche nei momenti di sofferenza. Lungo e pieno d’amore il ricordo del marito Giuseppe Fonseca: Come le piante Marisa sapeva sempre trovare la giusta luce e il giusto nutrimento, mi ha lasciato un mare di ricordi, una rete infinita di amici, era una creatura potente e delicata, con un’intelligenza estrema, ragione e sentimento andavano a braccetto, mi ha cambiato la vita in meglio.
Tra i tanti presenti, l’amico e collezionista Gianfranco D’Amato, Mario Martone, Angela e Mimmo Iodice con la figlia Barbara, Antonio Biasucci, Luciano Romano, Fabio Donato, Laura Angiulli e Cesare Accetta, Michele Serio, Vittorio Guida, Rosy Rox, Raffaela Mariniello, Umberto Manzo, Diego Cibelli, Roxy in the box, Sergio Fermariello, Nino Longobardi, Mariangela Levita, Maria De Vivo, Maria Savarese, Lucio Turchetta, Giuseppe Gaeta, Olga Scotto di Vettimo, Antonio Bassolino e Annamaria Carloni, Vincenzo Trione, Laura Valente, Kathryn Weir, Igina di Napoli, Giorgio e Rosalba Garuzzo, Marianna Troise, Sebastiano Deva, il collezionista Renato Magaldi, la gallerista Marussa Gravagnuolo e le sue amiche giornaliste Alessandra Pacelli, Paola De Ciuceis, Melania Guida, Antonella Maffei.
Numerosi i giovani artisti, collaboratori e studenti dell’Accademia con cui amava condividere la passione per l’arte.
Foto di Francesco Squeglia
Da quasi un anno Marisa Albanese stava concludendo una creazione site-specific per il Real Bosco di Capodimonte, su committenza della Direzione.
Il progetto “Massi Erratici” illustra la rinascita dopo la distruzione, e a luglio scorso ha ottenuto un finanziamento dal Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura.
L’opera è costruita con circa cinquecento massi di rovine monumentali, resti di edifici antichi bombardati nel 1943, ritrovati all’interno del Bosco durante i lavori di pulizia dei boschi del giardino storico.
L’opera è stata integralmente ideata e disegnata dall’artista e sarà completata secondo le sue indicazioni, con la massima precisione.
Questo progetto, condotto dall’artista durante l’anno della sua malattia, diventa il simbolo dello straordinario coraggio e forza di Marisa che ha mobilitato le sue ultime forze per concludere un monumento che illustra il suo delicato e potente talento – afferma Bellenger – Sedute sulle pietre, allestite a formare un totem, due sculture in marmo bianco di Carrara, le “combattenti”, giovani donne con il casco in testa, illustrano la visione di Marisa che vedeva nell’arte un combattimento continuo.
Poco prima che la malattia prendesse il sopravvento, Marisa che disegnava sempre, spiegava che il disegno era per lei un modo continuo di vedere, di esprimersi.
Con la presentazione dell’opera Massi Erratici verso la fine del 2022, il Museo e Real Bosco di Capodimonte organizzerà una mostra dedicata alla realizzazione del progetto stesso con i disegni preparatori che l’artista aveva voglia di donare a Capodimonte, facendo così entrare i primi disegni di arte contemporanea nello storico Gabinetto Disegni e stampe, nato con i disegni Farnese.
La sensibilità e la delicatezza di Marisa Albanese nascondevano una forza e un impegno militante che irroravano la sua arte, intimamente legata alle lotte sociali contemporanee, combattente della causa femminile, dell’immigrazione, del razzismo, della libertà intellettuale e della creatività.
L’arte di Marisa Albanese è stata illustrata nelle mostre di Capodimonte e nella collezione permanente.
La mostra alla Reggia nel 2010 dal titolo Spyholes, a cura di Achille Bonito Oliva, rappresenta l’esito di una personale ricerca intrapresa nel 2003 sul tema del Vesuvio, privilegiando la fotografia, il video, l’installazione e la video-animazione.
Nel 2011 l’artista dona a Capodimonte l’opera dal titolo V. 104 che entra a far parte delle collezioni permanenti.
L’installazione è formata da 104 fotografie che ritraggono il Vesuvio.
Il vulcano, mai immediatamente riconoscibile, sottolinea la presenza fisica nel Vesuvio nella quotidianità napoletana, la sua pericolosità non realmente percepita da chi abita alle sue pendici.
L’opera intitolata V.104 è stata successivamente esposta nella mostra Carta Bianca, Capodimonte Imaginaire (12 dicembre 2017-11 novembre 2018), nella sala dedicata all’amore e alla conoscenza allestita da Gianfranco D’Amato.
L’opera illustrava, nell’allestimento, l’amore per la città di Napoli.
Grazie Marisa, vogliamo ricordarti attraverso le tue opere e il tuo sorriso.
Foto di Luciano Romano e Giusva Cennamo. Courtesy Studio Trisorio