Motivi per un piano di sviluppo
La Direzione del Museo, promuove la realizzazione di un Piano di Sviluppo per far diventare Capodimonte un Campus Culturale, unico in tutta Europa, e qualificarlo fra i grandi Musei del mondo, dopo l’integrazione delle gestioni amministrative del Museo e del Bosco (l’Istituto nasce con la denominazione “Museo di Capodimonte” e, con D.M. 23 dicembre 2014, concernente “Organizzazione e funzionamento dei musei statali”, gli è stato assegnato anche il Bosco di Capodimonte).
La scelta di realizzare un Piano di Sviluppo per il Real Sito di Capodimonte si fonda in primo luogo sulla opportunità di accrescere la produttività culturale del suo patrimonio artistico, storico e ambientale in una prospettiva unitaria.
Non più, quindi, il Museo all’interno del Bosco, ma un sistema integrato nel quale le risorse disponibili siano parte di uno stesso patrimonio di valori, immesse in un circuito innovativo di attività e di funzioni e, insieme, luoghi di produzione e promozione di attività educative, artistiche e scientifiche.
Lo stesso Benedetto Croce, che si prodigò direttamente per la nascita dell’attuale Museo di Capodimonte, in più occasioni ebbe a manifestare la sua nota convinzione circa la primazia della formazione morale della società, soprattutto quella giovanile, quale via prioritaria per un concreto processo di crescita del Meridione d’Italia.
Per il patrimonio culturale e per il Mezzogiorno, l’iniziativa di valorizzazione e arricchimento dell’offerta del Campus Culturale del Real Bosco e del Museo di Capodimonte assume perciò anche il profilo di una sfida politica, nella sua accezione più alta. Il contesto socio-urbanistico del sito di Capodimonte, che segna appunto il confine tra alcuni dei quartieri più complessi della Città di Napoli (Sanità, Miano, Stella, San Carlo all’Arena e Scampia), dà a questa sfida un valore ancora più significativo e non soltanto simbolico.
Qualsiasi proposta di sviluppo dell’offerta culturale del sito di Capodimonte non potrebbe essere definita e attuata senza considerare l’oggettiva straordinarietà e la continuità storica dei suoi contenuti e senza porsi l’obiettivo di renderli sempre più accessibili e sempre meglio comprensibili.
Le idee che sottendono il Piano di Sviluppo sono pertanto orientate a consolidare la missione imprescindibile della tutela e della fruizione del patrimonio culturale di Capodimonte e ad esaltare il valore pedagogico che esso può svolgere per la crescita, non solo culturale, della società. Altre due condizioni particolari sostengono la proposta del Piano:
- da un lato, il settore dei beni culturali e le connesse dinamiche del turismo stanno conoscendo, anche in Campania, un’intensa fase di espansione, con una differenziazione dell’offerta in grado di attrarre flussi turistici sempre più ampi;
- dall’altro, nonostante la crescita di pubblico degli ultimi anni, la riconoscibilità e la capacità competitiva di Capodimonte meritano di essere sostanziosamente rafforzate per poter concorrere sul “mercato della conoscenza” (inteso come sistema di domanda e offerta di cultura che spinge all’innovazione delle relative tecnologie di produzione, di distribuzione e di tutela) nazionale e internazionale. Si tratta di una sfida rispetto alla quale Capodimonte parte col vantaggio di dotazioni uniche, ma anche con l’handicap di ritardi da colmare rapidamente.
Oltre la Reggia e il Museo, attrattori già noti, l’intero Bosco, i tanti Edifici storici e le attività artistiche, scientifiche, educative, agricole, artigianali e anche di svago possono dunque essere rimesse in funzione in una prospettiva unitaria.
Il complesso di Capodimonte ha infatti gradualmente perso la sua configurazione originale nella quale il Bosco, la Reggia e gli edifici di servizio (le Fabbriche) costituivano un sistema funzionalmente integrato, anche se indirizzato a scopi storicamente superati. A seguito degli interventi di recupero strutturale attuati nel corso degli anni, con l’attribuzione delle medesime funzioni a più edifici, la maggior parte di questi ha perso la propria connotazione identitaria; un fenomeno conclamatosi anche nella stessa memoria e riconoscibilità popolari. Di fatto, il patrimonio di Capodimonte è divenuto oggi una sorta di complesso condominiale costituito sostanzialmente dallo straordinario Museo della Reggia e dal parco pubblico, peraltro non interamente fruibile, al cui interno si ritrovano immobili di indiscutibile valore architettonico e storico, orfani però di un’organizzazione funzionale unitaria.
Il recupero di questa dimensione integrata può inoltre contribuire ad ampliare i benefici degli investimenti già realizzati negli ultimi anni su alcune strutture e che, al momento, ne hanno soltanto preservato la sopravvivenza e le funzionalità minimali.
L’idea è quella di far diventare Capodimonte un vero Campus Culturale one stop shop: un sistema di offerta culturale articolato, che comprenda arte, storia, architettura, natura, spettacoli ed esecuzioni artistiche, ristoro e svago. Tutto ciò realizzando un’importante operazione di riedizione del sistema museale e naturalistico di Capodimonte, ricostituendone le possibili identità e la qualità degli ambienti, delle collezioni, degli edifici, delle attività e delle aree verdi, che vanno necessariamente attualizzate rispetto alle esigenze della domanda.
Il consolidamento di una dimensione simbolico-identitaria assume un posto rilevante sia nella visione sia nella definizione delle specifiche azioni del Piano. Il Piano punta infatti a ravvivare le “qualità distintive” dell’esperienza culturale del sito sulle quali si fondano sia la “visione” di lungo periodo sia i suoi “obiettivi generali”.
Attraverso un sistema di articolazione a cascata dei vari livelli attuativi, il Piano individua “linee d’intervento” e “azioni”, sorvegliando la coerenza tra le azioni e gli obiettivi, attraverso un’apposita metodologia di monitoraggio e controllo, anche in itinere. In tal modo, il Piano di Sviluppo punta a delineare e attuare un intervento di sistema, incisivo e non marginale, in grado, da un lato, di far emergere il reale valore intrinseco del sito e dei suoi contenuti, e, dall’altro, di moltiplicare e qualificare l’offerta tradizionale (“un museo che non si arricchisce, diventa più povero”), integrandola con una più attiva ed esplicita funzione di “germinatore culturale”.
Si tratta di confermare, anche attraverso l’ampliamento e l’innovazione di funzioni e attività, l’idea che Capodimonte possa essere un vero Campus Culturale in cui anche il Museo non può più “rimanere semplice luogo di conservazione del patrimonio e centro di ricerca – tutte cose che deve continuare ad essere, s’intende – ma […] divenire anche luogo di accoglienza, accessibile a tutti i tipi di pubblico nuovi o fino ad allora trascurati, ed evidentemente un luogo di creatività […] destinata a stabilire un rapporto più ricco tra i visitatori e le opere”.
L’incremento dei visitatori e delle entrate, nel 2016 e nel 2017 e soprattutto il Bosco nel 2018, l’ampliamento della notorietà, nazionale e internazionale, lo sviluppo di una nuova capacità di “generare cultura attraverso il patrimonio culturale” sono i principali impatti attesi da questo programma di riscoperta delle ricchezze di Capodimonte.
Infine, la nuova configurazione del Museo e del Real Bosco di Capodimonte, superando i confini delle arti e delle tecnologie, comporta anche un nuovo modello istituzionale di reale collaborazione economica e operativa che va sostenuto dall’Unione Europea, dallo Stato, dalla Regione e da tutte le Istituzioni pubbliche, nonché dal dinamismo e dalla creatività del settore.