L’Ottocento privato, appartamento ad uso privato della corte, all’epoca dei Borbone e poi dei Savoia, rivive nel cosiddetto piano matto, il piano ammezzato cui si accede attraverso il monumentale scalone esagonale a doppia rampa, progettato dall’architetto Ferdinando Sanfelice.
Negli spazi, con vista panoramica sul parco, sulla città e sul golfo di Napoli, si respira l’atmosfera accogliente di un elegante ambiente privato che conserva la memoria storica del passato insieme ad una pregevole galleria d’arte.
Sette sale con oltre duecento opere tra dipinti, sculture, oggetti d’arredo in cui anche i tessuti e i tendaggi partecipano a ricreare preziose atmosfere, dagli ambienti dell’Anticamera alla Stanza da Scrivere, dalla Camera da Letto alla Stanza della Camerista, suggerendo una dimensione più intima, lontana dalla maestosità degli ambienti di rappresentanza dell’Appartamento Reale, al piano nobile del Palazzo.
Nel 1816 è l’appartamento di Ferdinando I e a metà secolo la nipote, Sua Altezza Reale la principessa donna Carolina, lo abita durante i suoi soggiorni a Napoli. Con i Savoia gli ambienti vengono destinati al ramo cadetto dei Duchi di Aosta, che lasceranno il Palazzo solo nel 1948, nonostante il passaggio della struttura al demanio risalga al 1920.
La suddivisione delle opere in ambienti tematici consente di attraversare la storia dell’arte come in un viaggio e scoprire i cambiamenti del gusto e della cultura figurativa napoletana, dal neoclassicismo (Raffaele Postiglione, Vincenzo Camuccini, Gennaro Maldarelli) alla scuola di Posillipo (Anton Sminck Pitloo, Giacinto Gigante, Gabriele Smargiassi, Teodoro Duclère), dalla pittura della seconda metà del secolo, ricca di storia (Domenico Morelli, Vincenzo Marinelli), nuove visioni del paesaggio (Filippo Palizzi, Giuseppe De Nittis) e della realtà (Gioacchino Toma, Vincenzo Migliaro, Michele Cammarano, Teofilo Patini), orientalismi (Marco De Gregorio, Ettore Cercone), ricerche cromatiche (Antonio Mancini, Francesco Paolo Michetti) e raffinatezze galanti (Giovanni Boldini), fino ai primi decenni del ‘900 (Giacomo Balla, Pellizza Da Volpedo).
Le opere esposte sono pervenute al Museo per acquisto dei sovrani, sia borbonici che di Casa Savoia, ma anche grazie alle cospicue donazioni di illuminati collezionisti napoletani, come Alfonso Marino (1957), Gustavo Toma (1961), Maria Soulier Marsiconovo (1964), Gaetano Vecchione (1965), Giuseppe Cenzato (1969) e Angelo Astarita (1970).
La sezione Ottocento privato completa la galleria di opere dell’Ottocento al terzo piano del museo, il cui nucleo centrale si riallaccia al progetto, attuato subito dopo l’Unità d’Italia, di istituire a Capodimonte una Galleria di Arte moderna destinata ad ospitare opere di artisti viventi.