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Finance for Fine Arts è un progetto di Borsa Italiana volto a valorizzare il patrimonio artistico italiano attraverso “Rivelazioni”, un modello integrato di mecenatismo per la raccolta di risorse destinate al restauro e alla digitalizzazione di opere d’arte ad altissima definizione.

Il progetto, di valenza pubblica, culturale e accademica, diventa un connubio sinergico attraverso cui la filantropia aziendale si avvicina al campo culturale, democratizzazione di un mecenatismo moderno e produttivo.

Un modello efficiente di collaborazione tra privati e istituzioni a sostegno del patrimonio artistico italiano.

Borsa Italiana, al centro della promozione delle eccellenze imprenditoriali del Paese, sostiene l’arte e la cultura, simboli di eccellenza dell’Italia e elementi fondamentali per il suo sviluppo economico.

Il contributo al restauro è soggetto alle agevolazioni fiscali secondo quanto previsto dalla legge Art Bonus (Decreto Legge n. 83 31/05/2014, convertito in Legge 29/07/2014 n. 106).

TIZIANO VECELLIO
PIEVE DI CADORE 1489/1490 – VENEZIA 1576
RITRATTO DI PIER LUIGI FARNESE
Olio su tela

Collezione Farnese
111 x 87 cm

Hanno contribuito al restauro le società GRADED, PASELL, TECNO

Descrizione

Questo ritratto rappresenta Pier Luigi Farnese (1503-1547), figlio primogenito di Papa Paolo III Farnese
(1468- 1549). Pier Luigi, nel 1528, fu nominato dapprima Duca di Castro e nel 1545, Duca di Parma e Piacenza, grazie alla donazione, per volontà paterna, dei suddetti territori, stralciati dai possedimenti dello Stato Pontificio. Pier Luigi morì nel 1547 in circostanze sospette, storicamente indirizzate verso una cospirazione probabilmente ordita dall’Imperatore Carlo V.
Tiziano è stato uno dei più grandi ritrattisti del XVI secolo e probabilmente dipinse questa tela a Venezia intorno al 1546, dopo il suo ritorno da Roma su invito di Paolo III. Il probabile contatto tra Pier Luigi e Tiziano dovette avvenire in Emilia nel 1543, poiché il Duca non era presente a Roma durante il soggiorno di Tiziano nella Città Eterna.
Sebbene questa tela abbia subito una significativa perdita di colore, la composizione brillante e l’impasto dei colori rimangono persuasivi, riuscendo abilmente a carpire lo spirito militare del Duca.
Tiziano dipinge Pier Luigi in un profilo di tre quarti, con lo sguardo apparentemente distratto, il quale suggerisce il passaggio dalla contemplazione all’azione, amplificato dal gesto della mano destra che afferra il bastone, simbolo del suo comando militare.
Tiziano cattura gli effetti luminosi della luce che scintilla sull’armatura di Pier Luigi con inimitabile abilità. Il soldato alla nostra sinistra issa una brillante bandiera cremisi alle spalle del duca, accentuando così la sua imponente presenza.

Restauro

Il Pier Luigi Farnese si presentava in condizioni di leggibilità compromesse da una notevole presenza di piccole lacune e abrasioni diffuse. Le condizioni del supporto apparivano discrete, grazie a una foderatura realizzata nel 1957.
L’intervento è stato preceduto da un’ampia campagna diagnostica, diretta, oltre che al dipinto stesso, alle altre opere di Tiziano conservate a Capodimonte, allo scopo di raccogliere tutte le informazioni utili ad affrontare al meglio questo delicato restauro e per presentarne adeguatamente i risultati.
Successivamente, è stato valutato l’intervento più adeguato per garantire la stabilità degli strati pittorici e sono state realizzate la pulitura e l’integrazione pittorica per recuperare al meglio la leggibilità e l’equilibrio dell’opera.

GIOVAN BATTISTA SALVI detto IL SASSOFERRATO
SASSOFERRATO 1609 – ROMA 1685
ADORAZIONE DEI PASTORI
Olio su tela

Collezione Borbone (acquisto dal sig. Nicola Merlo 1848)

136 x 100 cm

Ha contribuito al restauro la società D&D ITALIA SPA

Descrizione

Il dipinto fu acquistato dai Borbone nel 1848 per duemila ducati ed è l’unico dipinto di Sassoferrato presente nelle collezioni del Sud Italia. I disegni per la Vergine, San Giuseppe e il Cristo bambino sono conservati nella Biblioteca Reale di Windsor. L’Adorazione dei pastori è uno dei migliori esempi del corpus del Sassoferrato e ha raccolto elogi per la dolcezza che il pittore conferisce alla figura della Vergine.
L’artista è noto per la sua attenzione al dettaglio degli elementi appartenenti all’ambiente della vita quotidiana. La Madonna si inginocchia in preghiera, indossando un vestito rosso e un mantello di un blu brillante. Guarda intensamente il suo bambino che riposa dolcemente sulle sue coperte bianche e rosse. San Giuseppe guarda
il bambino seduto su uno sgabello. La simmetria delle tre figure primarie garantisce stabilità alla composizione. Oggetti di uso quotidiano popolano la scena, rappresentando elementi iconografici della futura passione di Cristo. La stoffa srotolata in primo piano sembra essere una coperta, ma è in realtà un chiaro riferimento al sudario di Cristo.
I tre pastori dietro la Vergine partecipano all’adorazione suonando il flauto, mentre un altro uomo porta un agnello sulle sue spalle. L’agnello evoca le parole di San Giovanni Battista: “Ecce Agnus Dei” (Gv. 1:29). Tre angeli appaiono da una nuvola sovrastante con una scritta di lode. Questi elementi si combinano per creare una composizione ben bilanciata che sia allo stesso tempo accattivante e teologicamente ingegnosa.

Restauro

Il dipinto presentava evidenti e diffuse alterazioni di precedenti interventi integrativi, con sollevamenti degli stucchi e una sensibile alterazione della vernice.
La superficie pittorica richiedeva la rimozione dello sporco superficiale, degli strati di vernice alterata applicati negli interventi precedenti e delle integrazioni alterate.
Le lacune di profondità hanno richiesto la revisione e/o il rifacimento delle stuccature con gesso e colla e l’integrazione pittorica con colori a vernice e l’applicazione di una verniciatura protettiva.
Il restauro è stato accompagnato da indagini diagnostiche e da un’accurata documentazione fotografica e grafica.

Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte
Claude Lorrain, 
Paesaggio con la ninfa Egeria, 1669,
olio su tela, cm 155 x 199

CLAUDE LORRAIN
CHAMPAGNE 1600 – ROMA 1682
PAESAGGIO CON LA NINFA EGERIA
Olio su tela, 1669

Collezione Borbone (acquisto tramite Domenico Venuti 1800)
154 x 200 cm

Ha sostenuto il restauro la CARONTE SPA

Descrizione

“C’era un bosco irrigato nel mezzo da una fonte d’acqua perenne affiancata da una grotta ombrosa. E poiché Numa vi si recava spesso per incontrarsi con la dea, consacrò quel bosco alle Camene che si ritrovavano con Egeria sua sposa.” Lo storico latino Livio trascrive questa storia nella sua Historiae romanae. Il dipinto raffigura la ninfa Egeria mentre riceve la notizia che suo marito Numa Pompilio, re di Roma, è morto. Egeria nel suo abito blu è seduta e reagisce a ciò che ha appena ascoltato, mentre il messaggero con un mantello rosso indica la città. Il paesaggio monumentale domina la scena, mentre le figure e la città sembrano essere sminuite dallo schiacciante potere della natura.
Claude Lorrain esercitò una grande influenza nello sviluppo dei paesaggi come genere a sé stante. La combinazione di uno scenario verdeggiante e una fantasiosa architettura antica ha allo stesso tempo la capacità di evocare il passato mentre localizza lo spettatore all’interno di luoghi reali. Questo episodio è ambientato in un paesaggio immaginario ispirato al lago Nemi, situato sulle terre feudali della famiglia Colonna, la quale commissionò l’opera nel 1669. Il dipinto entrò a far parte delle collezioni borboniche nel 1800, acquistato per volontà di re Ferdinando IV Borbone.

Restauro

Il restauro è stato preceduto da una serie di indagini per studiare la tecnica esecutiva del dipinto e i materiali impiegati e per valutarne lo stato di conservazione.
Le condizioni di tensionamento del supporto e di stabilità degli strati pittorici apparivano discreti, è stata necessaria solo una revisione.
Si è eseguita una pulitura per rimuovere lo sporco superficiale e le vernici e integrazioni alterate. Le lacune sono state stuccate con gesso e colla e integrate con colori a vernice, e è stata quindi applicata una verniciatura protettiva.

LUCA SIGNORELLI
CORTONA ca. 1450 – 1523
NATIVITÀ
Olio su tavola,1490-1500 ca.

NPR 231

Proprietà: Napoli, Palazzo Reale (in consegna dal 1957 al Museo e Real Bosco di Capodimonte)

Provenienza: Collezione Borbone (acquisto tramite Domenico Venuti, 1802)

142 x 179 cm

Ha contribuito al restauro la società PROTOM

Descrizione

Attribuito a Domenico Ghirlandaio nel 1802 nella Collezione Torlonia, la tavola fu successivamente attribuita a Signorelli da Bernard Berenson negli anni ’30 del Novecento. L’opera è entrata a far parte delle collezioni di Capodimonte nel 1939. Signorelli è uno fra i più importanti pittori tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. L’opera presenta una composizione monumentale, con le figure di San Giuseppe e Maria dipinte simmetricamente in primo piano. San Giuseppe gioca un ruolo attivo nella scena, mentre si inginocchia a braccia incrociate in adorazione del Bambino Gesù. Di fronte a San Giuseppe, la Vergine raccoglie le mani in preghiera, contemplando il frutto del suo grembo. Gesù, senza vesti, è adagiato ai piedi di San Giuseppe e con
sguardo diretto si rivolge allo spettatore. Gli angeli in volo sopra la Sacra Famiglia sono disposti simmetricamente, così come San Giuseppe e Maria. Mentre i pastori legano un fascio di grano alle spalle di San Giuseppe, in lontananza si intravede un gruppo di cavalieri, diretto verso una città posta in cima a una collina. Al centro dell’opera è raffigurata una valle fertile, probabilmente la valle del Tevere, dove animali esotici come la giraffa e il cammello sono raffigurati al di là di un arco ubicato lungo il sentiero.
La simmetria e le figure monumentali della composizione di Signorelli sono tratti caratteristici dello stile del maestro toscano che eserciterà un’influenza sulle generazioni di artisti della sua epoca, tra cui Michelangelo.

Restauro

Il dipinto si conservava in discrete condizioni di leggibilità per quanto concerne gli strati pittorici. Presentava in corrispondenza delle giunture orizzontali delle assi che costituiscono il supporto delle deformazioni accentuate, che risultavano alquanto deturpanti, oltre a rivelare una sofferenza del supporto, costretto da una struttura di sostegno inadeguata.
Dopo la rimozione della parchettatura e la realizzazione di un telaio di sostegno che assecondi i movimenti del legno, sono stati quindi realizzati il ristabilimento dell’adesione degli strati pittorici e una revisione degli interventi integrativi precedenti.

ELISABETH VIGÉE LE BRUN
PARIGI 1755 – 1842
IL RITRATTO DELL’INFANTE FRANCESCO DI BORBONE
Olio su tela

Collezione Borbone
122 x 90 cm

Ha contribuito al restauro la società TEMI SPA

Descrizione

Fuggendo da Parigi durante la Rivoluzione francese del 1789, l’artista si lega alla famiglia di re Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina; eseguirà infatti i ritratti dei loro quattro figli.
Il ritratto di Francesco di Borbone è più formale di quello dei fratelli. Il principe adolescente colpisce per la posa regale, raffigurato di tre quarti. Il suo sguardo è distolto dallo spettatore, sottolineando la gravità delle sue future responsabilità. Il principe è affiancato da una colonna e una balaustra che creano uno spazio più intimo, separando il primo piano del dipinto dalla distesa di campagna alle sue spalle. Francesco indica la mappa che è spiegata su una scrivania, quest’ultima coperta da un prezioso tessuto blu, mentre il Vesuvio erutta in lontananza. Questa atmosfera è scandita dal tramonto, accentuando così il rosso brillante del
cappotto del principe e mettendo in risalto il viso dell’adolescente che scruta fiducioso in lontananza.

Restauro

Il dipinto, foderato in un precedente intervento, presentava un discreto tensionamento. La leggibilità della superficie pittorica era ostacolata dalla presenza di vernici alterate; erano presenti diverse integrazioni il cui tono è alterato.
Il restauro è stato preceduto da una serie di indagini realizzate per studiare la tecnica esecutiva del dipinto e i materiali impiegati.
La tela necessitava di un consolidamento della stabilità degli strati pittorici e un miglioramento della leggibilità della cromia, tramite la pulitura e l’integrazione pittorica.

Filippino Lippi_
Annunciazione e Santi
inv. Q 42
olio su tavola
cm 114 x 122
Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

FILIPPINO LIPPI
PRATO ca. 1457 – FIRENZE 1504
ANNUNCIAZIONE E I SANTI GIOVANNI BATTISTA E ANDREA
Tempera su tavola,  1470-75 ca.
114 x 122 cm

Restauro sostenuto dall’azienda Temi spa

Descrizione

Tra i più talentuosi pittori del Rinascimento a Firenze, Filippino Lippi nasce dal rapporto proibito tra Fra Filippo Lippi, grande Maestro del primo Rinascimento fiorentino e la monaca Lucrezia Buti. Filippino mostra nelle sue prime opere l’influenza di colui che fu il suo maestro, Sandro Botticelli, nella cui bottega Lippi compie il suo apprendistato. Questa influenza è testimoniata sia nelle figure centrali che in quelle laterali rappresentate da Filippino. Il dipinto però, appartiene al periodo della maturità dell’autore e questo è molto evidente se si osserva l’uso vivace del colore, il dialogo sereno che si instaura fra i personaggi e il senso di armonia generale che emerge dal quadro. L’Arcangelo Gabriele si inginocchia dolcemente davanti alla Madonna che incontra il suo ospite celeste con equilibrio e umiltà. A sinistra, San Giovanni Battista solleva leggermente il braccio sinistro, indicando con la mano allo spettatore che è in corso un sacro incontro. Sant’Andrea contempla l’azione, mentre abbraccia la croce con entrambe le mani, attributo del suo martirio. I colori vibranti e l’atmosfera cristallina infondono alla scena una calma soprannaturale, mentre le profonde pieghe delle vesti conferiscono solidità alle figure.
La scena si svolge all’aperto nella luminosa campagna fiorentina. In secondo piano si possono distinguere sia la cupola di Brunelleschi del Duomo che il campanile di Giotto, a sinistra. Le quattro figure sacre sono raffigurate all’interno di un rigoglioso giardino pieno di fiori e di erba verdeggiante, forse a sottolineare l’interesse di Filippino per la pittura fiamminga che si era diffusa a Firenze durante questo periodo.

Restauro

Stato di conservazione

Il dipinto presenta un sensibile imbarcamento delle assi, una struttura di sostegno applicata in un precedente restauro, formata da tasselli lignei e traverse in alluminio, che esercita un’eccessiva trazione con conseguenti fratture in corrispondenza delle commettiture e cadute di colore lungo le lesioni, alcuni fori di insetti xilofagi. La presenza di vernici ossidate e ritocchi alterati compromette la leggibilità della superficie pittorica.

Intervento di restauro

Si prevede di eseguire le seguenti operazioni:

Rimozione della struttura di sostegno non più idonea e degli inserti dovuti a precedenti restauri. Disinfestazione e risanamento del legno di supporto. Applicazione di traverse o di un telaio in legno di castagno sagomati secondo il naturale orientamento assunto dalle tavole, fissati tramite tasselli cilindrici con viti basculanti e molle coniche che garantiscano l’elasticità del controllo. Fissaggio realizzato con collanti idonei e moderato apporto di calore e pressione, per ristabilire l’adesione degli strati pittorici. La pulitura della superficie dipinta, eseguita con gradualità dopo aver selezionato i solventi e gli eventuali supportanti più idonei con test di solubilità, per rimuovere i depositi superficiali, le vernici e le numerose integrazioni alterate. Le lacune saranno stuccate con gesso e colla e integrate con colori a vernice, e sarà quindi applicata una verniciatura protettiva.

Il restauro della cornice prevede disinfestazione, consolidamento localizzato, pulitura, stuccatura e integrazione pittorica.

BERNARDO CAVALLINO
NAPOLI 1616 – 1656
LA CANTATRICE
Olio su tela, 1650 ca.
75 x 63 cm

Ha contribuito al restauro la società CARTESAR

Descrizione

Considerato uno dei capolavori dell’intera produzione barocca napoletana al suo ingresso nelle collezioni del Museo di Capodimonte nel 1855, questo dipinto, il quale rappresenta una giovane cantante, non è il ritratto di una persona identificabile, ma quello della musica vocale stessa. Tuttavia, non è un’allegoria tradizionale poiché la cantatrice non è vestita come una musa, secondo la tradizione antica, ma indossa il costume delle eleganti donne del Seicento napoletano, al fine di simboleggiare la musica della propria epoca.
Il suo abito di lucente seta marrone è in sintonia con il sipario rosso sullo sfondo del dipinto, il quale conferisce una dimensione tanto teatrale, quanto senza tempo, al suo canto. Vero fulcro della composizione sono comunque le sue mani poste in primo piano, dipinte con forti ombre e tocchi di rosso lucente, le quali accompagnano il suo canto intrecciando i lunghi capelli.
Questo dettaglio conferisce un’intensa impressione di vita al dipinto che fu concepito da Cavallino come pendant della Suonatrice di clavicordo (Musée des Beaux-Arts de Lyon), allegoria della musica strumentale che, oltre alla somiglianza dei volti dallo sguardo civettuolo, è raffigurata con lo stesso accostamento cromatico di marroni e rossi.
Questa luminosità già pienamente barocca è tipica delle opere di Bernardo Cavallino degli anni Cinquanta, fase di trapasso del pittore dagli intenerimenti pittorici degli anni Quaranta.

Restauro

Il dipinto, in discrete condizioni di stabilità, era offuscato dall’alterazione delle vernici e dei ritocchi dei restauri precedenti, che avevano risarcito fittamente le numerose lacune diffuse.
L’intervento è stato preceduto e accompagnato da un’ampia campagna diagnostica e fotografica, allo scopo di raccogliere informazioni sullo stato di conservazione e sulla tecnica esecutiva di questo prezioso dipinto e per documentarli adeguatamente.
Sono stati realizzati una revisione del tensionamento e della stabilità della tela, la pulitura e la rimozione dei precedenti interventi integrativi, la stuccatura e l’integrazione della pellicola pittorica, l’applicazione della verniciatura finale.

MICHELANGELO ANSELMI
LUCCA 1491 – PARMA 1554
ADORAZIONE DEL BAMBINO
Olio su tavola, 1500-1525

Collezione Farnese
60 x 49 cm

Ha contribuito al restauro la società EPM

Descrizione

Il quadretto, di provenienza farnesiana, raffigura la scena familiare dell’Adorazione del Bambino. Grazie al formato raccolto del dipinto, Michelangelo Anselmi riesce a dare una dimensione intima a questa scena sacra che rappresenta la fine di un mondo ormai passato, simboleggiato dalla rovina di una colonna greca e l’avvento di un mondo nuovo, iniziato con la nascita del Bambino Gesù. Il paesaggio urbano rappresentato sullo fondo è legato a una scelta compositiva ereditata dal Quattrocento e finalizzata a dimostrare l’attualità di questo evento. Databile al primo quarto del Cinquecento, questa Adorazione è anche la testimonianza delle influenze esercite sull’opera di Michelangelo Anselmi da parte dei pittori coevi, una volta che l’artista si stabilì a Parma, intorno al 1520, dopo il suo soggiorno a Siena.
Nell’impostazione compositiva, nell’uso della luce che sembra sfiorare i personaggi animandoli e soprattutto, nel nuvolone dorato con immerse le teste degli angioletti, sono evidenti le influenze della pittura di Correggio.
La fattura nervosa delle figure, come si evince da quella del San Giuseppe, è tipica del periodo della maturità dell’Anselmi, il quale apprese pienamente i risvolti della pittura parmense e le soluzioni del Parmigianino. Per citare un esempio, il gruppo di angeli che mostra i simboli della Passione al fanciullo addormentato, secondo un’iconografia di anticipazione della Passione, la quale è capace di accentuare il carattere mistico dell’opera, è di sapore parmigianinesco.

Restauro

Il dipinto presentava sollevamenti e piccole cadute di colore e alcuni ritocchi alterati.
Sono stati realizzati il consolidamento degli strati pittorici e una pulitura per rimuovere lo sporco superficiale e le integrazioni alterate. Le lacune sono state stuccate con gesso e colla e integrate con colori a vernice, è stata quindi applicata una verniciatura protettiva.

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